martedì 28 maggio 2019

"Per sempre - Oltre la vita" di Rosalba Costanza





Il breve romanzo di Rosalba Costanza, intitolato: "Per sempre - Oltre la vita", è una storia d'amore: l'amore tra madre e figlia.
Un racconto (credo che sia un tantino breve per poterlo definire propriamente romanzo) davvero molto originale, in cui l'autrice ha immaginato una sorta di dialogo, di scambio tra una figlia distrutta per la perdita della madre e la madre stessa, che risponde alla figlia dalla sua "dimensione", senza essere udita.
Amarezza, angoscia, solitudine, un senso di impotenza attanagliano la protagonista del racconto, che deve tirare avanti e accudire il padre malato, imparando a far a meno del cruciale supporto della madre e del suo affetto.


"Il tuo cuore ha cessato di battere e con esso ha smesso di battere il mio. Lui picchia, martella, percuote comunque il mio petto, ma io so con certezza che è un palpito artificiale, meccanico, riparatore e automatico, che va in maniera istintiva e naturale laddove la ragione e il sentimento gli direbbero di fermarsi.".

Si percepisce la forza del legame di queste due donne: un amore infinito e fine a se stesso.
Il dolore ci stringe lo stomaco nel momento in cui la protagonista ritrova gli ultimi abiti indossati dalla madre la mattina in cui la condussero in ospedale per non far più ritorno a casa...
È naturale, credo, immedesimarsi in questa storia così intrisa di lacrime, ma, ahimè, di vita reale... E io mi sono aggrappata proprio a questa precisa scena: l'attimo in cui trovi in giro per casa oggetti appartenuti ai tuoi cari, che non ci sono più, e, in base alle mie esperienze di vita, credo che l'autrice abbia descritto in maniera molto autentica quel particolare stato d'animo che nasce in seguito ad un lutto.
Sì, si tratta indubbiamente di un libro dal contenuto molto profondo, che invita ad amare i nostri genitori quando sono ancora qui, insieme a noi. 
Non ho apprezzato la ripetizione di alcune parole ("anima mia", ad esempio, è il modo in cui le due donne si chiamano, ma, secondo me, la continua ripetizione di questo nomignolo rende un tantino pesante la storia...) e, chiaramente, data la tragicità del racconto, non vi consiglio di leggerlo in un momento di vita particolarmente grigio/tendente al nero.
Un libro che fa riflettere, sicuramente, ed è anche caratterizzato da uno stile originale (il monologo della protagonista, un racconto lirico a due voci); tuttavia, non rientra nel mio genere di letture. 
I miei complimenti, comunque all'autrice, che è riuscita a descrivere in maniera veritiera la sofferenza legata alla perdita di una persona importante.


martedì 7 maggio 2019

"Anna Karenina" di Lev Nikolaevič Tolstoj

Buon giorno.
Ho leggermente trascurato questo mio piccolo e adorato scorcio di sfogo quotidiano e di commenti riguardo alle mie ultime letture, ma ora rieccomi pronta a parlarne! 😉😊
Nell'ultimo mesetto (eh sì... giorno più, giorno meno...) mi sono dedicata alla lettura di una pietra miliare della letteratura russa: la famosa "Anna Karenina" di Lev Tolstoj.
Lo confesso: non si è rivelata una lettura molto semplice e scorrevole...
Le disquisizioni filosofiche, politiche e di natura morale dominano l'intero romanzo, pertanto, essendo io un'appassionata di filosofia (ho anche conseguito una laurea in filosofia, quando ancora credevo che si potesse vivere di sogni e passioni e non avevo ben presente che il concetto di meritocrazia fosse ormai obsoleto nella nostra società...😕😧), ho assaporato ogni dialogo tra i diversi personaggi dell'opera e, spesso, ho letto più volte alcune loro riflessioni.
Non voglio paracularmi -o forse giusto un pochino- comunque, il romanzo di Tolstoj non si legge in modo scorrevole: pretende una lettura critica e attenta, ecco perché ho impiegato un sacco di tempo a terminarlo. Va beh, ora, bando alle ciance, comincerei a parlarvene in breve... 
Attenzione! Se avete intenzione di leggere "Anna Karenina", vi sconsiglierei di proseguire nella lettura di questa mia paginetta di diario: non farò spoiler, ma potrei rivelarvi particolari che un lettore appassionato e attento preferirebbe rintracciare da sé, quindi... Vi ho avvisati! 😆

Generalmente, quando arrivo all'ultima pagina di un romanzo, oltre a sentirmi malinconica per aver appena perso un nuovo amico, corro a leggere, sempre malinconica, le pagine che ho lasciato in sospeso: l'introduzione, le note bibliografiche ecc ecc.
Essendo io una grande stimatrice di Dostoevskij, non potevo di certo perdermi l'occasione di acquistare un romanzo del suo maestro, Tolstoj, al quale Dostoevskij si ispirò molto. Eppure, io non sono riuscita a trovare molti punti di unione nello stile e nei contenuti dei due autori russi... 
Esistono svariate differenze tra i due scrittori, ma io vorrei soffermarmi su una in particolare: la psicologia dei loro personaggi. 
Dostoevskij era in grado di dedicare un intero capitolo (anche di più) alle emozioni e allo stato d'animo di uno dei suoi personaggi; Tolstoj, invece, a mio parere, aveva una tendenza più pragmatica e troncava alcune reazioni dei suoi protagonisti per giungere al nocciolo della situazione. Spetta forse al lettore farsi un'idea del temperamento e della psiche dei suoi personaggi, ma è anche vero che Tolstoj non badava a "far economia" sulle diserzioni di carattere filosofico/politico/morale e, ogni tanto mi sono detta: "bastaaaa!" 
Vi racconto un po' la trama...




Anna Karenina, naturalmente, è la protagonista dell'opera, che si svolge a Mosca, Pietroburgo e in alcuni paesini della campagna russa.
Le vicende di vita di Anna si incastrano con le vicende del fratello, Stepan Arkad'evič (i nomi non li memorizzerò mai! Infatti, durante la lettura, non riuscendo a ricordare i nomi dei vari personaggi, tendevo a soprannominare: "V quello là", "S quell'altro", tentando di tenere a mente almeno le iniziali dei nomi e dei cognomi 😨😂) e con quelle di Levin, amico di vecchia data del fratello.

"Le famiglie felici si somigliano sempre l'una con l'altra: ogni famiglia infelice lo è in modo particolare."

Il romanzo, composto da ben 690 pagine, inizia con la scoperta dell'adulterio di Stepan da parte della moglie, Dar'ja Aleksandrovna. E Anna Karenina, moglie del rigido ed intransigente Aleksej Aleksandrovič Karenin (il quale aveva uno dei più alti impieghi al Ministero) raggiungerà il fratello per provare a portare la pace tra i due coniugi.


"Non c'era risposta, altro che quella che la vita dà a tutte le questioni più complicate e insolubili. E la risposta è questa: bisogna vivere secondo le necessità della giornata, cioè, dimenticare. Dimenticare nel sogno non è più possibile, almeno finché viene la notte: impossibile ora tornare a quella musica che cantavano le donne-ampolle; dunque bisogna dimenticare nel sogno della vita."

Stepan vorrebbe dimenticare, o meglio, vorrebbe che la moglie dimenticasse quel biglietto che testimoniava la sua relazione adultera con la governante di casa...
Un uomo propenso a questo tipo di storielle clandestine...
Durante il viaggio in treno per raggiungere il fratello, Anna fa la conoscenza della madre di Vronskij, un militare benestante, nonché pretendente di Kitty, sorella minore di Dar'ja.

"Pareva che non ci fosse nulla di particolare nel suo vestito e nel suo atteggiamento, ma per Levin era facile riconoscerla in quella folla, come si riconosce un fisso o fra l'ortica."

Levin è molto innamorato di Kitty ed è il personaggio che mi ha colpita di più per la sua umiltà. Un uomo benestante, padrone di un'azienda, che si unisce ai suoi contadini per falciare il grano; un uomo che crede nel vero amore. ❤


""Ma questo è lo scopo della civiltà: far di ogni cosa un piacere."
"Se questo è lo scopo della civiltà, preferisco restare un selvaggio.""

Levin ama la sua vita in campagna e in città si sente un pesce fuor d'acqua: lui vive di cose semplici. L'ho adorato!! 😍

"Quegli stessi contadini coi quali aveva litigato e che aveva rimproverati per la loro intenzione d'ingannarlo, ora lo salutavano allegramente senza rancore e senza rimorso. Il lavoro comune aveva cancellato tutto: nel lavoro stesso era la ricompensa di tutte le fatiche."


Levin, secondo me, è il vero eroe di tutto il romanzo.
Anna, nel frattempo, cede alle lusinghe dello sfrontato e seducente Vronskij e confesserà tutto al marito, il quale risulterà spaventato dalle conseguenze sociali provocate dall'adulterio...


"Chiedere il divorzio significava andare incontro a un processo scandaloso che sarebbe stato per i suoi nemici pretesto a calunnie, le quali avrebbero scosso la sua alta posizione in società."

Insomma, Karenin non è preoccupato di perdere una persona amata, ma si cruccia per preservare la sua dignità.
Nonostante diversi ostacoli iniziali, Anna riuscirà a fuggire in Italia con Vronskij e a partorire la figlia nata dal loro amore clandestino. Il marito non le consentirà di far visita al loro primogenito e non acconsentirà al divorzio, lasciando Anna in balia dei pregiudizi dell'alta società e non permettendole così di incominciare una nuova vita coniugale con il ricco militare.


""Tu hai sposato un uomo che ha vent'anni più di te. L'hai sposato senza amore e non conoscendo l'amore. Fu un errore, ammettiamo."
"Un terribile errore!"
"Ma, ripeto, è un fatto compiuto. Poi hai avuto la sventura, chiamiamola così, di amare un uomo che non è tuo marito. È una sventura, sì, ma anche questo è un fatto compiuto.""

Un piccolo passaggio tratto dal dialogo tra Anna e il fratello, Stepan.


"Vronskij invece, benché avesse conseguito tutto ciò che aveva così a lungo desiderato, non era pienamente felice. Ben presto cominciò a sentire che possedeva una minima parte della felicità che aveva sognato, eterno inganno di coloro che credono di raggiungere la felicità nel compimento di un desiderio."

Quando Anna e Vronskij possono finalmente amarsi, qualcosa va storto... Litigi, incomprensioni e scenate di folle gelosia da parte di Anna avvelenano il loro rapporto...

"Si può restare seduti per ore, incrociando le gambe, sempre nell'identica posizione, se si sa che nessuno c'impedisce di cambiare questa posizione, ma se si sa che si deve rimanere così, senza scampo, allora cominceranno i crampi e le gambe diventeranno impazienti di muoversi."

Vronskij sa che la società è chiusa a lui e ad Anna, ma vuole fare lo stesso un tentativo perché Anna sia riammessa nel suo mondo.


""E col denaro dei tigli- continuò sorridendo Levin- lui comprerebbe del bestiame e un po' di terra a buon prezzo e l'affitterebbe ai contadini. E così si formerebbe un patrimonio. Invece a voi e a me basta conservare quello che abbiamo e lasciarlo ai nostri figli."

È per frasi come questa che ho ammirato la personalità di Levin. 

"Nell'infinità del tempo e dello spazio nasce una bollicina d'aria, si regge un poco e scoppia, e questa bollicina d'aria sono io."

E qui mi fermo di commentare l'opera di Tolstoj, proprio qui, con la riflessione di Levin.
Dopotutto, Levin e Anna si assomigliano molto: entrambi non rinunciano alla loro autenticità ed entrambi, in modo diverso, sono estremisti della sincerità. 
Tolstoj, ok, ma continuo a preferire Dostoevskij!