domenica 19 agosto 2018

"Senza più paura" di Roberto Fancellu

Buon giorno e buona domenica! 😊
Ieri ho iniziato a leggere uno degli ebooks presenti nella mia lunga lista e... l'ho terminato poco fa! 😁 Devo approfittarne: tra circa un mesetto riprenderò con i miei impegni quotidiani, perciò mi sto dedicando a ciò che più mi appassiona: leggere e, naturalmente, scrivere. ❤😊
Ieri sera ho cominciato a buttar giù un incipit per il mio nuovo e settimo manoscritto: questa volta un tragicomico. 😉 Mi piacciono le sfide che tendo costantemente a me stessa e mi butto, sempre! 😁
Tornando alla mia ultima lettura... un bel thriller di Roberto Fancellu, dal titolo: Senza più paura.

"Per colpa dell'alcol la mia vita era sempre stata così, affogata nella confusione e straziata dal rimpianto."
Le riflessioni di Massimo Pandolfini, il protagonista del romanzo. Un uomo sofferente, allo sbando, piegato dal vizio dell'alcool. 
Non ha più rapporti con la sua famiglia e incontrerà Sara, una bella operatrice presso l'istituto Antonini, dove l'uomo tenterà di mettere un freno a quella sua terribile e distruttiva dipendenza.

"Il passato è un cane inquieto sempre pronto a morderti le chiappe e mi guardavo bene dallo stuzzicarlo."
Massimo non conserva ricordi nitidi sulla sua infanzia: solo qualche flasback qua e là e un incubo ricorrente che tormenta le sue notti... Un mostro e la sensazione di una fine imminente.

"Osservando gli astanti della serata perfettamente vestiti e compunti stare impalati come stoccafissi a ridere reciprocamente delle loro battutine scialbe dandosi molli pacche sulle spalle, avevo avuto la conferma di quanto già sospettavo al di là della mia giovane età: non avrei mai fatto parte di quel mondo di denaro virtuale e cartapesta, sarei rimasto un outsider."
Il padre era un noto broker. Tra lui e il figlio non era mai corso buon sangue... 
Poi Massimo riceverà una telefonata dalla madre, che lo informerà sul suicidio del padre. 

"Nonostante pensassi di odiare mio padre, in fondo al cuore avevo sempre saputo che non era così. Rimpiangevo terribilmente il mancato rapporto con lui, credevo che, prima o poi, le cose tra noi sarebbero potute migliorare; purtroppo quell'illusione si era infranta come un insostituibile vaso pregiato, lasciando, al suo posto, un disarmante senso di ineluttabilità."
Il protagonista credeva di avere più tempo: tempo per ritrovare suo padre, tempo per ottenere da lui delle spiegazioni circa quel costante odio nei suoi stessi riguardi... Massimo dovrà raggiungere da sé la verità e uno psicopatico entrerà in scena a tal proposito, lasciandogli qualche ricordino: un mini pony, una fotografia tagliata e degli strani messaggi criptici firmati: Starsky.

"Stavo guardando letteralmente la morte in faccia, non solo quella del Maestro, anche la mia, vedevo l'assurdità dell'esistenza umana in tutta la sua spietata crudeltà: noi sogniamo, amiamo e desideriamo, alcune cose riusciamo a realizzarle, altre le accarezziamo solamente, ma è tutto inutile perché la morte non aspetta né rispetta nessuno e nulla può sconfiggerla, quando le Parche tagliano il filo possiamo soltanto arrenderci e soccombere pregando in una fine misericordiosa ed indolore."
L'ineluttabilità della morte lo fa riflettere e non si sente poi così indifferente di fronte al Maestro (ovvero suo padre) disteso senza vita e, per una volta, inespressivo.

"tra le sue braccia mi fece sentire amato e protetto; di fronte a lei scoprivo tutta la mia vulnerabilità senza sentirmi nudo e in imbarazzo; ciò mi spaventava e confortava, ero svuotato, stanco, ma non a disagio. Poteva considerarsi amore? Non lo sapevo, però immaginavo ci si avvicinasse parecchio."
Sara riesce a stravolgere la sua vita, ma Massimo è altamente instabile e non comprende la vera importanza di quella relazione...

"Scrissi di mio padre, dell'amore e della rabbia verso quel bastardo in cravatta e completo, e di mia madre pronta ad assecondarlo sempre in qualunque decisione giusta o sbagliata. Come fossi il ricettacolo di un qualche spirito che si esprimeva attraverso di me, continuai a scrivere seguendo un flusso dove ricordi rimandavano ad altri ricordi finché, come in un gioco di scatole cinesi, tornai all'unica volta in cui mio padre mi aveva abbracciato dicendomi “ti voglio bene.” Avevo nove anni."
Una serie di sentimenti contraddittori lo tartassano. In fondo in fondo, lui non ha vissuto altro che per quel "ti voglio bene"; nonostante tutto... Ma vi svelo un piccolo segreto: non è proprio un sentimento ostile quello del padre nei confronti del figlio, ma questo sarà chiaro sul finale del romanzo e qui mi zittisco! 😉

"La mia vita era sempre stata un paradosso: ero nato il giorno dei morti; venivo da una famiglia ricchissima, ma me la cavavo meglio conducendo un'esistenza ai margini estremi della società; sarei dovuto essere l'erede di un magnate della finanza, invece somigliavo più a un reietto che ad altro."

"Non credo di esser nato con un vuoto nel cuore, non più di quanto una persona possa nascere con il bisturi in mano o con gli scarponcini da calciatore ai piedi. Ero venuto al mondo sano e normale, ma quel sentimento di solitudine ed angoscia si era fatto strada dentro di me da quando avevo memoria. Prima sotto forma di un flebile bisbiglio che era andato trasformandosi in una voce più forte di qualsiasi altra, la voce del fallimento e del rimprovero, la voce di mio padre. Negli anni mi era penetrata dalla testa fino nelle viscere creando un buco nero in grado di fagocitare ogni cosa buona ed allargare sempre più l'immensa voragine sul bordo della quale mi trovavo ogni giorno a camminare. Da quando ero un bambino avevo cercato qualcosa capace di frastornarmi abbastanza da non udirla più, che tenesse a bada quel senso di sconfitta perenne ed estraneità o almeno lo attutisse. Un giorno l'avevo trovata."
Massimo inizia a bere, a fumare, a drogarsi per non pensare; per sorvolare su quella grossa voragine che gli si è scavata dentro. 😟 Ho provato tanta tristezza per lui.

"Il passato è diventato un brutto incubo, ho smesso di farmi domande e credere che ci sia un senso a tutto, cominciando a convincermi di non potermi opporre al destino semplicemente perché non ne esiste uno. È solo il caos a governare le nostre azioni, ed in questo tumulto disordinato e chiassoso le cose possono andarci bene oppure no, facciamo parte di una grande lotteria senza meriti o demeriti nella quale tutto si riduce a una questione di fortuna."
Lo psicopatico che ha rapito Massimo, la madre e Sara crede nel caos. Un uomo che ha molto in comune con il protagonista del racconto e, forse, lui è la vera vittima di tutta la storia... Il suo passato è davvero doloroso e Massimo ne è in parte responsabile...

"Spesso mi era capitato di paragonare gli esseri umani a delle macchine: come loro, funzioniamo per un po', presto o tardi ci guastiamo, e alla fine veniamo abbandonati a marcire. A presiedere questo complicato e incomprensibile meccanismo chiamato vita c'è il cervello, sono sempre stato affascinato dal suo funzionamento. Una volta lessi che può modificare un ricordo, distorcerlo o bloccarlo, ma non cancellarlo del tutto, ed ora vivevo questa esperienza di persona: quella filastrocca era la prima reminiscenza compiuta e completa di mia sorella morta trent'anni prima."
I ricordi. Il cervello può distorcerli, modificarli, ma non cancellarli. In questo ho trovato una grande analogia con il mio Riflessi di coscienza.

"È impossibile fermare i ricordi, una volta tornati a galla sono implacabili e persistenti al pari delle illusioni e dei rimpianti."

"Questa storia mi ha anche insegnato che tutto è azione e reazione, ci sono mille motivazioni più o meno consce a muovere le persone, e ognuna di esse ha sempre una ripercussione."
Il finale di questo romanzo così crudo e intrigante. Mi è piaciuto!
P.s. Ho contattato Sebastian Fitzek per complimentarmi con lui (con il mio Tedesco stentato) per il suo avvincente romanzo e non potete immaginare l'emozione che ho provato nel leggere la sua risposta gentile ed entusiasta! 😊😀

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