sabato 26 maggio 2018

"La percezione dei colori - Storie cromatiche di vite ordinarie": un capitolo cruciale... 😉

NERO
«"Preparai un prisma triangolare... Fatto buio nella stanza e praticato un foro nello sportello della finestra per lasciare passare una conveniente quantità di luce solare, collocai il mio prisma ove essa entrava in modo che potesse venir rifratta sulla parete opposta. Fu per me una vera meraviglia il poter contemplare i vividi ed intensi colori così ottenuti"», il professor Fermi alzò gli occhi da quelle pagine ingiallite dal tempo.
«Quello che vi ho appena letto è un passaggio dell'esperimento di Isaac Newton, contenuto nel suo volume intitolato: "Opticks"», sfiorò con delicatezza le fragranti pagine di quell'antico manoscritto, «volume che potrete prendere in prestito direttamente dalla nostra biblioteca del dipartimento di fisica. Come avrete potuto constatare, esso rientra nel materiale di studio previsto per la parte monografica del corso di ottica», concluse, scattando in piedi e avvicinandosi nuovamente alla ruota cromatica.
«Durante la scorsa lezione vi ho riprodotto il suo famoso esperimento e, a parte l'avervi indotti ad un piacevole sonnellino», il professore si interruppe per lasciar sfogare le risate dei suoi allievi, poi continuò: «spero che abbiate compreso il processo di scomposizione e di ricomposizione della luce... Spiegherò un'altra volta, a grandi linee, la sua dimostrazione: in modo che gli eventuali assenti all'ultima lezione possano recuperare un paio di concetti...» Percorse con lo sguardo tutti i volti dei ragazzi, fino all'ultimo banco a destra, in fondo alla grande aula.
Il professore si impietrì quando vi trovò proprio Enea. Dapprima aggrottò i suoi occhi nocciola, poi si rilassò, stendendo le labbra in un lungo sorriso di fierezza.
Il nuovo amico pareva fortemente interessato alla sua lezione.
Il professor Fermi ricominciò a parlare, tornando serioso e distaccato: «Attraverso il prisma triangolare», disse, prelevando il suo amato oggetto d'infanzia e alzandolo per far sì che tutta la classe lo potesse ammirare, «egli scompose la luce bianca -quella del sole- nello spettro dell'iride e osservò che i colori sfumavano dal rosso all'arancio; dall'arancio al giallo, al verde, all'azzurro, all'indaco e al violetto», si schiarì la voce, tossicchiando, «eccovi spiegata l'esistenza del nostro suggestivo arcobaleno e il fatto che i colori siano presenti nella luce prima ancora della sua scomposizione», terminò con soddisfazione, accompagnato da un sorrisetto sotto i baffi.
«Per ottenere una valida conferma del suo esperimento, lo scienziato si cimentò in una prova inversa rispetto a quella precedente, ovvero di ricomposizione del colore», aggiunse.
Cesare spense l'interruttore della luce e lasciò filtrare un fascio di raggi solari attraverso uno spiraglio della finestra, poi piazzò il suo prisma in direzione di quel fascio e mostrò ai ragazzi la scomposizione di essa sulla parete oscurata della stanza. Infine rovistò all'interno di un cassetto della scrivania per rinvenire una grossa lente convergente: la sistemò alla sinistra del prisma, ad una certa distanza e fece convergere tutti i colori in un solo punto.
«Allora?...», domandò, rivolgendosi alla classe, «che cosa notate?»
«I colori sono scomparsi. Ora ha fatto ritorno il fascio di luce», affermò Enea, suscitando sorpresa tra gli studenti, i quali si voltarono per verificare a chi appartenesse quella voce così profonda.
«Esattamente!», replicò Cesare, annuendo con il capo, «Newton contò sette colori, derivanti dalla scomposizione della luce. Il rosso, l'arancione, il giallo, il verde, l'indaco, l'azzurro e il violetto», spiegò.
«Mi scusi, professore, ma a me sembravano sei...», dichiarò un alunno, mentre Fermi si accingeva a riaccendere la luce al neon.
«Già...», mormorò il professore, grattandosi il mento, «effettivamente, lo scienziato aveva incluso anche l'indaco -un colore a metà tra il violetto e l'azzurro- per giungere a questo numero», precisò, accomodandosi sopra la sua cattedra e accavallando le gambe, «ne avrete sicuramente sentito parlare dell'importanza del numero sette... Da un punto di vista soprattutto religioso...», sibilò leggermente in soggezione, «Newton fu stimolato dalla peculiarità di questo numero. Il sette -secondo la visione comune- veniva collegato ai fenomeni naturali. Ma, ora, non è assolutamente mia intenzione tenere un corso sulla numerologia», sogghignò, «anche perché io tendo a ricordarmi già a malapena la data del mio compleanno!»
Una risata si sprigionò nell'aula. Anche Enea ridacchiò.
«E fu così che il nostro caro Isaac Newton arrivò a formulare la teoria corpuscolare», tornò serio, con sguardo torvo e inquisitore, «teoria secondo la quale i corpi luminosi emetterebbero corpuscoli immateriali -ossia "atomi luminosi"- che viaggerebbero in linea retta e a velocità iperbolica, producendo luce. Essa sarebbe originata dai raggi, nel momento in cui questi colpiscono la nostra retina. La luce bianca, quindi, corrisponderebbe a una miscela di tanti corpuscoli quanti sono i diversi colori», si interruppe, riprendendo fiato e ruotò il busto, mostrando le spalle ai ragazzi per afferrare il manoscritto di Newton.
«Nella luce bianca, i corpuscoli formano un raggio -viaggiando nell'aria all'unisono-, quando il raggio attraversa il prisma, i corpuscoli subiscono un'influenza delle forze dovute alle particelle di materia. Ogni colore viene rifratto con un angolo diverso e il prisma separa i colori a ventaglio, ottenendo lo spettro della luce visibile», concluse, continuando a fissare l'opera "Opticks".
Dopodiché, facendo leva con entrambe le braccia sulla cattedra, scese da essa e si apprestò a fare ritorno alla ruota cromatica. Iniziò a tamburellare con l'indice della mano destra sopra quel tabellone.
«I colori adiacenti avrebbero una relazione armonica; quelli in opposizione -i complementari- instaurerebbero, invece, una &storia dinamica&. Ah ah!», si abbandonò ad una risatina compiaciuta, facendosi immediatamente cupo come al suo solito.
«Comunque, l'ipotesi corpuscolare di Newton dominò per cento anni il campo di indagine dell'ottica», terminò, sbuffando. Sbirciò il suo orologio: segnava le ore 12.30. "Per questo ho così fame!", rifletté. «Ci sono domande?», si rivolse al suo pubblico, «che siano intelligenti, vi raccomando...», precisò con espressione scocciata.
Alzò la mano Enea.
«Ah ah!», il professore si guardò intorno, scuotendo il capo, sollazzato, «dovete sapere che oggi abbiamo un infiltrato fuoricorso!», dichiarò con un mezzo sorrisetto, «mi dica, signor Francese!»
«Lungi da me dal voler scialacquare parte del vostro tempo prezioso!», gesticolò, studiando la reazione dei ragazzi a quel suo intervento, «e, forse, la mia non si rivelerà come una domanda intelligente, professore... Ma avevo letto da qualche parte che Goethe aveva definito come "errate" le diverse teorie di Newton, o mi sbaglio?...»
«Ah ah! No, non si sbaglia!», rispose il docente, «essendo stato un artista, Goethe non poteva sopportare una spiegazione meccanicistica del colore.»
«Perché, mi scusi?»
«Beh, perché il colore è fondamentalmente una fonte di emozione.»
«Ah sii?», domandò Enea, incredulo.
«Lei, quando vede il rosso, a che cosa pensa? Me lo dica senza rifletterci troppo su!», Cesare fissò Enea con un sorriso tra le labbra.
«Passione, ira, fuoco.»
Il professore annuì con il capo. «E il nero?»
«Serietà, oscurità, eleganza, chiusura», controbatté l'attore.
«Ecco! Vede? Come volevasi dimostrare, i colori suscitano anche in lei - come in qualunque altro essere vivente - una qualche emozione. Il colore è un nostro strumento per rappresentare il mondo. Soprattutto quello interiore e, certamente, Goethe ci ha giocato molto su questo particolare... Secondo l'artista, il colore non sarebbe altro che un modo di reagire alla vista della luce da parte del nostro apparato visivo.»
«Ah... Animato dallo scopo di mettere l'uomo al centro del tutto?»
«Chiaro.»
«Io, personalmente, preferisco questa teoria...», borbottò Enea, incrociando le braccia al petto.
«Mi perdoni?»
«Preferisco un approccio più umano, rispetto ad uno così freddo e meccanicistico.»
«Ah ah! È evidente che la fisica non faccia per lei, signor Francese!», commentò, ridacchiando.
«No. Infatti, non mi presenterò più a lezione, professore. Nonostante la sua grande bravura...»
Tutti i ragazzi lo fissarono con sgomento.
Il docente, allora, ci tenne a ricordare loro l'identità del mattacchione che avevano alle spalle.
«Ragazzi, vogliate scusarmi, ma il signore qui presente è un famoso attore di teatro. Forse, voi non frequenterete spesso l'ambiente, ma io sì! Una delle mie passioni e - se vogliamo dirla tutta - una contraddizione alla mia salda e rigida vita da fisico!», sogghignò, «questo signore incarna perfettamente il colore rosso. Io, invece, mi definirei più come il nero», affermò leggermente rassegnato. «Credete che l'assenza di colore potrà mai lasciarsi trasportare dall'impeto del rosso?», formulò loro quell'interrogativo di natura estremamente personale. Cosa molto insolita da parte del professor Cesare Fermi.
Gli alunni restarono sbalorditi di fronte ad una domanda simile, formulata da una persona così introversa e discreta come era lui.
«Non avevo mai preso in considerazione l'idea che le persone possano rapportarsi alla stregua dei colori di questa ruota», indicò la tabella cromatica, «beh... Credo che mi stessi sbagliando...», sospirò con un sorriso di soddisfatta rassegnazione tra le labbra. «Il motivo per cui ho sempre adorato lo studio dei colori e il ramo, quindi, dell'ottica?... Semplice! Perché ho sempre pensato che, dedicandomi alla fredda e materiale fisica, avrei tralasciato e allontanato da me il mondo dei complicati sentimenti umani; ma mi stavo sbagliando...», si passò una mano tra i capelli, abbassando lo sguardo sul suo libro. «I sentimenti si trovano anche qui!», esclamò, afferrando ed esibendo "Opticks" alla classe.
«I colori sono emozioni. I colori sono noi. Noi stessi siamo colori!», concluse il suo monologo e uno scroscio di applausi invase quell'aula.
Enea si guardò intorno, rapito da quell'esaltante e calorosa atmosfera, a lui così familiare; a Cesare del tutto estranea.


L'attore gli strizzò un occhio.

Come avevo promesso, oggi ho deciso di pubblicare sul mio diario elettronico un capitolo del mio ultimo manoscritto, La percezione dei colori - Storie cromatiche di vite ordinarie.
Questo capitolo affronta uno dei passaggi più importanti: Goethe vs Newton. Passione o ragione? Soggettività o oggettività? 
Decidete voi se stare dalla parte di Goethe/Enea o dalla parte di Newton/Cesare! 😀
I capitoli de La percezione dei colori non sono capitoli veri e propri... Sono colori! 😀 Sarò più pratica: se ad esempio voleste seguire la vicenda di Cesare, non dovreste far altro che leggere i capitoli intitolati: nero, se vi interessasse la storia di Enea, allora dovreste rivolgervi al rosso e via dicendo...
Ma attenzione!! I colori potrebbero mischiarsi, strada facendo... Perciò il mio suggerimento è questo: leggere il manoscritto dall'inizio alla fine! 😊 
Detto ciò, vi auguro un piacevole fine settimana e daaaai!!! Ditemi la vostra! Ci tengo. ❤😀

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